Una notizia del 25 Novembre 2015 riporta di un alunno ferito in classe da un compagno con una gomma da cancellare riportando un trauma all’occhio con riconoscimento di lesione micropermanente. I genitori si rivolgono alle Autorità e citano l’amministrazione scolastica che viene condannata al risarcimento dei danni per una somma pari ad € 21.000,00.
La Procura della Corte dei Conti ha chiamato l’insegnante a risarcire il danno sostenendo che quest’ultima debba rimborsare la somma anticipata dall’amministrazione scolastica. Inoltre la Corte dei Conti fa riferimento a quanto stabilito nella sentenza civile. Tutto si concentra sulla colpa grave dell’insegnante che, pur presente in aula, non sarebbe riuscita a calmare la classe.
Le norme a disposizione dei Giudici: art. 2048 del Codice civile e art. 61 della L. 11 Luglio 1980 n. 312
Le norme a disposizione dei Giudici, in questi casi, sono l’art. 2048 del Codice Civile relativo alla responsabilità dei precettori, l’art.61 della L. 11 luglio 1980 n. 312 concernente la disciplina della responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente educativo e non docente che contrattuale (art. 42, 5° comma del CCNL del 14.8.95). Ed il Testo Unico in materia di istruzione che prevede la deliberazione, da parte del Consiglio di Istituto, di un regolamento interno che stabilisca le modalità per la vigilanza degli alunni durante l’ingresso e la permanenza nella scuola. Nonché durante l’uscita dalla medesima.
Se un alunno resta ferito in classe i danni possono essere chiesti all’insegnante
Sembrerebbe, quindi, che gli insegnanti, in genere, siano responsabili dei danni causati dai loro allievi.
Ove si tratti di docenti di una scuola pubblica la responsabilità si estende alla pubblica amministrazione in virtù del principio organico ai sensi dell’art.28 della Costituzione. Alla responsabilità degli insegnanti può accompagnarsi quella delle autorità scolastiche qualora la mancata vigilanza derivi da carenze nel loro operato.
Va chiarito però che la norma cui all’art. 2048 c.c. si applica anche all’ipotesi del fatto illecito commesso da un minore capace di intendere e di volere.
Ciò significa che anche il minore può essere chiamato a rispondere, (rappresentato naturalmente dai genitori), in solido con l’insegnante (o con la P.A. in caso di dipendente statale) del danno ingiusto causato ad altri. Il minore potrebbe essere ritenuto responsabile in modo esclusivo del fatto illecito, qualora in base alla maturità psico-fisica raggiunta, egli fosse ritenuto in grado di “badare a se stesso”. Cioè in grado di valutare e di scegliere la condotta da tenere nella situazione specifica e avesse violato le regole di prudenza e diligenza.
Infine si sottolinea che l’affidamento dei figli minori all’amministrazione scolastica e, per il suo tramite al personale docente, non esclude la responsabilità dei genitori per il comportamento dei propri figli. Infatti la responsabilità del genitore e quella dell’insegnante per il fatto commesso dal bambino capace di intendere e volere durante il tempo in cui è ad esso affidato sono tra loro concorrenti. Poiché l’affidamento al personale docente solleva il genitore soltanto dalla presunzione di colpa in vigilando, non anche da quella di colpa in educando, in quanto i genitori devono dimostrare di aver impartito al proprio figlio un’educazione adeguata a prevenire comportamenti illeciti.
La notizia ha scatenato opinioni diverse tra genitori ed insegnanti tra cui:
Taluni operatori scolastici ritengono che, “per quanto si possa essere attenti, spesso è difficile prevedere quello che può accadere in pochi istanti.”
Alcuni genitori, invece, hanno solidarizzato con l’insegnate ritenendo “il suo ruolo importantissimo ma purtroppo non agevolato nello svolgerlo, basta pensare al rapporto insegnante-bambino 1/30. Non è giusto che la responsabilità alla fine sia sempre e solo la sua“.
(A cura di Claudia Cimato)