Spesso diamo per scontato il diritto allo studio di ogni bambino, ancor più se nato nel nostro Paese, culla di civiltà e cultura. La realtà invece è che esistono ancora zone nella nostra Penisola dove tutt’oggi la scuola viene considerata un’ostacolo. Per esempio, al lavoro nei campi. La scoperta che alcuni genitori preferivano che i loro ragazzi, alla soglia dell’adolescenza, imparassero le regole della vita non sui libri ma per la strada ha lasciato tutti di stucco. Per le Good News di oggi voglio parlarti di quello che è capitato a Petilia Policastro, in provincia di Crotone. Il paese di Lea Garofalo, testimone di giustizia trucidata dalla ‘ndrangheta.
Il diritto allo studio difeso dai Carabinieri e dalla scuola
Tutto è iniziato da un sospetto delle forze dell’ordine che ogni giorno vedevano i ragazzi in età scolare seduti al bar a non far niente. Da una successiva verifica dei registri degli istituti della zona è poi risultato che molti ragazzi, seppur regolarmente iscritti, non frequentavano da mesi poiché impegnati a lavorare nei campi assieme ai genitori con l’inevitabile conseguenza della perdita dell’anno scolastico.
Forse inizialmente i Carabinieri avranno pensato che non era cosa di loro competenza ma dopo poco tempo la coscienza ha avuto la meglio. Hanno capito che ai giorni nostri non potevamo perdere così i nostri ragazzi lasciandoli a se stessi in mezzo ad una strada ed hanno deciso di agire.
È stato così che le forze dell’ordine hanno deciso di farsi portavoce dei diritti di questi ragazzi controllando periodicamente registri e verbali per verificare la frequenza regolare di ogni alunno. Richiamandoli dopo due giorni di assenza non giustificata.
La scuola, da prima reticente ad una dose così alta di controlli, visti i risultati piano piano ha iniziato a collaborare con le forze dell’ordine creando una rete ed una struttura che di fatto ha salvato il futuro di questi ragazzi restituendo loro il diritto allo studio.
Oltre ad evitare la sempre maggiore dispersione scolastica presente nel territorio i Carabinieri, in questo modo, hanno cercato di evitare anche che il reclutamento da parte dei clan continuasse distruggendo la vita dei ragazzi fin da prima dell’adolescenza.
Fonte: La Stampa.
(A cura di Roberta Maionchi)