Sagnino (CO), Aprile 2019
Maestra accusata di maltrattamenti nella Scuola d’Infanzia di Sagnino, in provincia di Como. La donna, nata nel 1977 e quindi quarantenne al momento dei fatti, è stata accusata di aver picchiato e umiliato i bambini e le bambine della classe a lei affidata.
Caso di maltramenti nella Scuola d’Infanzia di Sagnino
La prima denuncia scatta nel 2017 a seguito dell’esposto fatto dalla famiglia di uno dei bambini della Scuola dell’Infanzia di Sagnino. Il papà aveva raccontato agli inquirenti che il figlio di appena 4 anni era uscito da scuola con una guancia arrossata. Secondo la ricostruzione fatta dai giornali il piccolo aveva raccontato a casa di aver ricevuto uno schiaffo dalla sua insegnante. Dopo aver portato il bambino al Pronto Soccorso il padre, parlando con lui senza fare domande suggestive, aveva saputo attraverso le parole del piccolo che quella era una punizione consueta riservata ai bambini “un pò troppo monelli“. Da qui la decisione di raccontare alla polizia quanto scoperto depositando anche il referto dell’ospedale.
Le indagini
Raccolte tutte le informazioni del genitore e capita la possibile gravità dei fatti, gli inquirenti, coordinati dalla PM Daniela Moroni, scelgono di avvalersi delle intercettazioni ambientali. Raccolgono 45 giorni di riprese eseguite con telecamere nascoste nella classe della maestra indagata che confermano i dubbi della famiglia esponente.
Secondo quanto scritto nella relazione degli investigatori della Squadra Mobile, che hanno potuto vedere in prima persona le immagini, i bambini e le bambine della classe sarebbero apparsi “umiliati, terrorizzati e immobili” dopo aver subito “punizioni pubbliche quando qualcuno faceva qualcosa che non andava bene“.
Il padre che aveva dato il via alle indagini con la sua denuncia, chiamato a testimoniare in aula durante il processo, aveva poi riconosciuto il figlio nelle immagini che lo ritraevano purtroppo coinvolto in questa orribile vicenda.
All’insegnante denunciata vengono contestate le modalità educative costellate di punizioni umilianti e percosse. Fra queste si leggono almeno uno schiaffo ai danni di un bambino di 4 anni (ovvero l’episodio presente nella denuncia che aveva dato il via alle indagini) ma anche un bambino afferrato per le orecchie. Oltre ad urla continuative nella classe di cui si sarebbe dovuta prender cura e l’obbligo per bambini e bambine di restare immobili e muti nel banco per tempi anche molto lunghi.
Nonostante la pericolosità di questi gesti, pare che alla donna non sia mai stata notificata alcuna misura cautelare.
La difesa della donna e il rinvio a giudizio
La maestra indagata si è sempre ritenuta estranea alla gravità dei fatti che connoterebbe tutti come “metodi educativi”.
Giuseppe Colucci, avvocato difensore della donna, dichiara ai giornali che tutta l’inchiesta sarebbe «una forzatura». Non solo nei termini del reato 572 c.p. ovvero “maltrattamenti verso familiari e conviventi” ma che «Sarebbe stata una forzatura anche la contestazione del reato meno grave di abuso dei mezzi di correzioni».
Il difensore della maestra ha dichiarato inoltre: «Da quello che ho potuto vedere esaminando il fascicolo non c’è niente a carico della maestra: un’incensurata che ora si trova accusata sul nulla. Non si può contestare un reato penale perché non piace un metodo educativo più rigido».
Nonostante le dichiarazioni del difensore, nell’Ottobre 2017, il Pubblico Ministero conferma le proprie idee e richiede il rinvio a giudizio a carico dell’insegnante accusata di maltrattamenti. Nel Novembre 2018 il Giudice fissa l’udienza per l’inizio del processo a Maggio 2018.
Un altro trauma nel trauma
Come si evince da Il Giorno questo caso non è privo di colpi di scena. Infatti nel 2020 il padre comasco di 38 anni che tre anni prima aveva contribuito con la sua denuncia a dare il via alle indagini è stato a sua volta arrestato in via cautelare con la medesima accusa nei confronti della moglie. La donna pare fosse scappata dalla sua casa scalza pur di sottrarsi alle percosse del marito. L’uomo, e padre di uno dei bambini coinvolti nei fatti, è stato poi condannato a 2 anni di reclusione per maltrattamenti alla moglie.
Il Giudice impiegato nel processo per maltrattamenti nella Scuola dell’Infanzia di Sagnino ha quindi dovuto acquisire, e poi mettere agli atti, anche la sentenza contro l’uomo che nel frattempo era stato già sentito come testimone all’interno del processo ordinario a carico della maestra.
Il processo
Nel 2018 inizia il processo con la maestra indagata che nega ogni accusa e sceglie di essere giudicata attraverso un Rito Ordinario. L’avvocato difensore, Giuseppe Colucci, che già aveva espresso la sua contrarietà circa il processo, non si ferma a questo. Infatti all’inizio del dibattimento, secondo quanto appreso dalla testata giornalistica di Fanpage, deposita una memoria integrativa con le firme di una decina di genitori che si schierano in difesa della donna.
E non solo. Il difensore fa presente al giudice del patteggiamento a due anni sentenziato per il papà di una delle famiglie costituitasi parte civile nel processo. Forse, cercando così di sminuire l’autorevolezza della sua testimonianza.
La PM è però convinta della propria decisione e all’inizio del processo sottolinea proprio come anche comportamenti che di per sé non sono eclatanti messi assieme danno origine non solo a un “metodo educativo poco ortodosso” ma a un comportamento che di fatto, oltrepassando i confini del lecito, configura un vero e proprio reato di maltrattamento nei confronti dei bambini.
Nonostante la lucidità di questo pensiero, con il quale concordiamo completamente, non pare compaiano altre famiglie o sintomatologie di altri bambini che, assistendo a questi comportamenti, potrebbero aver riscontrato sintomatologie di disagio o comunque essere ritenute vittime di violenza assistita.
I genitori in aula con le storie che ascoltiamo ogni giorno
Come riportato da Il Giorno, il 12 Aprile 2019, davanti alla Giudice Monocratica Ieri, Cristiana Caruso, si è svolta una delle udienze del processo con Rito Ordinario, contro Antonella Telesca, accusata dalla pubblico ministero Daniela Moroni di maltrattamenti nella Scuola dell’Infanzia di Sagnino in cui insegnava. In aula i genitori raccontano di come il figlio all’inizio «aveva voglia di andare a scuola, poi piangeva e si buttava a terra perché non voleva andare. Ho cercato di chiedergli i motivi, ma non mi diceva nulla».
Come accade di sovente i genitori, fiduciosi di trovare un accordo pacifico o di poter far arrivare l’insegnante a miti consigli, avevano provato a parlarne con lei ma, come spesso accade (praticamente sempre), la loro legittima richiesta era caduta nel vuoto: «Ne avevamo parlato con maestre anche nel corso di una pizzata – racconta uno dei genitori in aula – volevo capire perché il bambino reagiva in quel modo, ma non ho mai avuto risposte».
La Sentenza di Primo grado
A 4 anni dall’inizio delle indagini, nell’Ottobre 2021 Antonella Telesca, l’insegnante imputata nel caso di maltrattamenti nella Scuola d’Infanzia di Sagnino, viene condannata in primo grado a una pena di 1 anno e 10 mesi di reclusione riportando i benefici della condizionale.
I giudici, secondo quanto riportato da ANSA, hanno disposto che la donna segua un percorso di formazione e riabilitazione condizionando a questo la sospensione della pena. L’insegnante dovrà quindi frequentare il percorso di recupero se non vuole dover scontare la pena in carcere.
Secondo quanto riportato dalla testata Espansione TV la sentenza di primo grado prevederebbe anche una provvisionale immediatamente esigibile di 7mila euro per la famiglia che, a quanto valutato dal giudice, ha avuto il danno maggiore.
Confermata la condanna in Corte di Appello
Nei primi giorni di Giugno 2023, la Corte di Appello di Milano conferma la sentenza di primo grado riformando la sentenza solo rispetto all’obbligo di un percorso di recupero. La pena di primo grado era infatti stata sospesa e condizionata all’obbligo, per l’insegnante condannata, di frequentare un percorso che potesse garantire una sua completa riabilitazione rispetto al reato contestato.
Per motivi non meglio identificati i giornali danno notizia che sarebbe stata revocata la richiesta di partecipazione dell’imputata al percorso di recupero che avrebbe dovuto assicurare le famiglie circa la sua riacquisita stabilità psico fisica.
Per il resto, sempre secondo quanto emerso dalle indiscrezioni dei giornali, la Corte d’Appello conferma integralmente la Sentenza di Primo Grado anche relativamente al risarcimento delle due parti civili costituite. Soltanto due le famiglie costituitesi parte civile in aula e difese dai legali Luca Calabrò e Christian Galantucci.
La Via dei Colori Onlus è a disposizione delle Forze dell’Ordine e delle famiglie coinvolte. Chiunque abbia bisogno può contattarci al Numero Verde 800-98.48.71 o scrivendo a: sos@laviadeicolori.org. La Via dei Colori offre consulenza tecnica e informativa gratuita. A tutti i soci offriamo sostegno legale e psicologico specializzato in caso di maltrattamenti presunti o documentati.