E’ un pò che volevo scrivere questo articolo delle Good News su uno dei maestri italiani più famosi ed è proprio grazie alla serie tv che in questi giorni sta passando in televisione che ho deciso finalmente di raccontare qualcosa di lui. Alberto Manzi è stato uno scrittore, un giornalista, maestro elementare, un conduttore televisivo ed educatore presso un carcere minorile. Ma quello che interessa raccontare a me è che è stato un’insegnate innovativo. Con la volontà di sperimentare, di mettere sempre tutto in discussione e rimettersi in gioco.
Alberto Manzi: il maestro più famoso d’Italia
Dopo la guerra e la laurea in Biologia Alberto Manzi viene inviato ad insegnare in un carcere minorile di Roma dove altri 4 insegnanti prima di lui avevano rinunciato all’incarico. Lì condusse la sua prima esperienza come educatore per circa 90 ragazzi fra i 9 e i 17 anni con alfabetizzazioni e storie differenti. In un’enorme aula senza banchi, sedie, libri e in un’ambiente durissimo. Il gruppo è difficile però Manzi riesce a guadagnarsi l’attenzione e la fiducia dei ragazzi riuscendo, con i suoi metodi, a creare un gruppo coeso. I ragazzi pubblicano un giornale chiamato La Tradotta. E’ il primo giornale fatto in un carcere.
“Di tutti quei ragazzi, quando sono usciti dal carcere, solo 2 su 94, rientrarono in prigione”.
Pioniere della scuola serale con i suoi originali metodi didattici riesce a far conseguire la licenza elementare a quasi un milione e mezzo di persone. Simbolica la sua immagine davanti ad un grosso blocco di carta su un cavalletto ed un carboncino nella mano per scrivere e disegnare. Dal lunedì al venerdì nel tardo pomeriggio per far sì che tutti lo possano seguire. In seguito si occuperà di corsi di alfabetizzazione degli italiani all’estero soprattutto in America Latina.
“Se vogliamo aiutare a crescere i bambini anche intellettualmente, dobbiamo aver chiaro che cosa vogliamo ottenere e come possiamo ottenerlo. Che cosa diamo per scontato nell’educazione dei nostri figlioli? Innanzi tutto che l’istruzione inizi attorno ai cinque-sei anni. Non è vero. Possiamo educare l’intelligenza del bambino fin dai primi momenti della sua vita…
Diamo per scontato che è sempre valido il rapporto attivo (insegnante o adulto), passivo (bambino); che è l’insegnante che deve parlare e il bambino deve ascoltare; l’insegnante deve fare, il bambino deve ripetere. E poiché tutta la faccenda sembra funzionare, ecco che non si modifica nulla…
Questa rigenera l’odio per la scuola. E siccome l’apprendimento scientifico non può essere camuffato da parole gettate a caso, ecco l’avversione, l’odio per le scienze siano matematiche siano naturalistiche.
Che fare allora? Prepararci noi per aiutare i nostri figli…”
“Non rinunciate mai, per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, ad essere voi stessi. Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà farvi sottomettere. Vi auguro che nessuno mai possa plagiarvi o “addomesticare” come vorrebbe.” E’ un brano tratto dalla breve lettera che il maestro Alberto Manzi scrisse per accomiatarsi dai suoi alunni di quinta elementare.
Fonte: Centro Alberto Manzi.
(A cura di Arianna Pand)