Avellino, 30 Maggio 2016
Minacce, schiaffi, strattoni e vessazioni erano i maltrattamenti nell’asilo Il Circolo di Valle ad Avellino che gli alunni (bambini tra i 3 ed i 5 anni) avrebbero dovuto mantenere segreti quando tornavano a casa. L’insegnante indagata è stata condotta ai domiciliari.
Tutta la vicenda sul caso di maltrattamenti nell’asilo Il Circolo di Valle
Le indagini sono partite a seguito della denuncia di alcuni genitori. Si erano insospettiti dalle reticenze dei piccoli ad andare a scuola. Quando i bambini venivano interrogati rispondevano solo “non lo posso dire“. Più dei “segreti” hanno parlato i referti medici per ematomi e ferite. Gli agenti della Squadra mobile di Avellino, coordinati dal Capo della Squadra mobile Marcello Castello, hanno così installato delle telecamere nascoste nell’asilo. Da lì sono emersi tutti gli episodi di minacce verbali, strilli, vessazioni e maltrattamenti psicologici. Uniti a schiaffi e strattoni.
I referti medici ed i campanelli di allarme
Nei referti medici non c’erano solo ematomi ma anche l’attestazione di disagi psico-fisici, cambi umorali e comportamentali. Molti i campanelli di allarme che, per fortuna, i genitori hanno saputo riconoscere. Incubi notturni con pianti inconsolabili, incontinenza, momenti di aggressività o depressione apparentemente immotivata. Un referto parlerebbe addirittura di lesioni alla nuca con ecchimosi al collo dovute, presumibilmente, ad una pressione molto forte di mani adulte sul collo. In un altro caso lesioni sempre al collo di natura “lacero contusa”.
La misura cautelare
Nella mattina del 30 Maggio 2016 viene notificata alla maestra A.D.G. la misura cautelare dei domiciliari emessa dal Gip di Avellino.
“Si è resa necessaria e urgente – si legge nella nota della Procura – considerato il continuo escalation delle vicende che facevano temere per l’incolumità dei minori“.
Linguaggio violento e minaccioso
In una nota degli inquirenti si legge: “Durante la giornata scolastica la maestra adottava un linguaggio intriso di minacce verbali accompagnate con un tono di voce alto ed imperioso e con costrizioni fisiche e psicologiche. La sua comunicazione verbale era caratterizzata abitualmente da urla veementi, toni aggressivi ed epiteti offensivi. Le sue espressioni tipiche per zittire i piccoli erano: ti ammazzo -stai zitta -non voglio sentirti parlare- devi chiudere la bocca se no ti faccio il culetto rosso“.
La stanza del telefono e il gioco delle mani
“Ogni qualvolta i piccoli alunni tenevano un comportamento scomposto – si legge ancora nella nota – la maestra li rinchiudeva in un’aula buia, da lei stessa denominata la ‘stanza del telefono’ dove venivano lasciati da soli, anche per diverso tempo, malgrado piangessero“.
“In più di una occasione li percuoteva con violenti schiaffi e tirava loro i capelli. Addirittura inscenava a volte un gioco consistente nell’agitare la mano chiedendo al bambino: ‘quanti ne vuoi di questi?’; il bambino doveva indicare un numero e la maestra gli dava tanti schiaffi per il numero indicato dalla vittima. I minori rimasti coinvolti sono stati circa 10“.
La condanna
La donna chiede il rito abbreviato. Il Gup di Avellino, Vincenzo Landolfi, la condanna. Due anni e otto mesi di reclusione più il risarcimento del danno in favore di otto bambini vittime di maltrattamenti nell’asilo Il Circolo di Valle (4000 euro di provvisionale immediatamente esecutiva). I domiciliari terminano nel Febbraio 2017 sostituiti da un anno di interdizione dai pubblici uffici e dal luogo di lavoro. Nel Febbraio 2018, la Corte d’Appello di Napoli rigetta l’appello e conferma la sentenza di primo grado senza sconti di pena.
Il ricorso in Cassazione: metodi vecchio stampo
La difesa presenta ricorso in Cassazione sostenendo che la donna avesse un’impostazione “vecchio stampo” legata ad una “idea di pedagogia meno sensibile alle più recenti e moderne teorie di insegnamento“. Cita anche Maria Montessori della quale avrebbe mutuato il time out con “la sedia del pensiero” e “la stanza del telefono”. Non maltrattamenti dunque, ma solo metodi vecchio stile su cui invita la Cassazione a riflettere lontano dal “condizionamento mediatico“.
La condanna definitiva
Nel Febbraio 2019 la condanna diviene definitiva. La Suprema Corte si pronuncia sul ricorso affermando che “l’uso sistematico della violenza, ancorché sostenuta da animus corrigendi, esclude la configurabilità del reato meno grave” di abuso dei mezzi di correzione. La Cassazione parla di “condotta oggettiva di maltrattamenti“, lontana dalla “versione edulcorata della ricorrente“.
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