Quando le Amiche de La Via dei Colori mi hanno chiesto di partecipare a questa rubrica sono rimasta un attimo spiazzata. Una rubrica dedicata alle Maestre con la M maiuscola. Mi sono subito chiesta: Io una brava maestra? Ora cosa gli racconto? Questo principalmente per due ragioni. La prima è che tecnicamente io non sarei una maestra, no. In realtà sono un’educatrice.
Che differenze ci sono? Non molte, se non il fatto che oltre che lavorare a scuola lavoro anche negli altri contesti in cui vivono bambini e ragazzi come la famiglia o i vari luoghi di socializzazione.
Ma tralasciando questa sottigliezza terminologica altre due domande maggiormente mi hanno dato da pensare.
Sono davvero una brava maestra?
Che cosa fa di una maestra una brava maestra?
Non credo ci sia una risposta universalmente valida a questa domanda ma posso dirti quello che significa per me.
Essere una brava maestra per me significa prima di tutto esserci, sempre, nel fargli sentire che c’è qualcuno pronto ad ascoltarli nel bene e nel male. Aiutarli a riconoscere le potenzialità, le capacità e a credere in loro stessi. A spiegargli quello che non capiscono e a trovare le risposte alle tante domande che hanno da fare. Insegnargli a confrontarsi con gli altri per capire che ci sono sì i nostri bisogni ma anche quelli di chi ci sta attorno che vanno rispettati.
Ad assumersi la responsabilità di fare qualcosa, ogni giorno, per cambiare questo mondo che troppo spesso non ci piace e ad opporsi alle ingiustizie anche quando non ci toccano in prima persona.
Come lo faccio? Anzi, come ci provo?
In due modi fondamentalmente.
Il primo è quello di tentare di mettermi sempre al loro livello e di guardare il mondo attraverso i loro occhi. In questi 12 anni di lavoro ho capito che sono molto più attenti ed arguti dei nostri. Credo che uno dei segreti fondamentali sia quello di non dimenticarsi mai come ci si sente alla loro età, ciò di cui avevamo bisogno.
Il fatto che sia un adulto non significa che ho sempre ragione. Anch’io posso sbagliare e se lo faccio, dimmelo, mi aiuterà a essere una maestra più brava.
Questa è una delle prime cose che dico quando inizio a lavorare con un bambino o un ragazzo. Una frase che racchiude il mio modo di vedere l’educazione.
Un’educazione che non parte dall’alto e non è fissata in rigidi schemi ma che viene costruita giorno per giorno, a seconda dei diversi bisogni che incontro. Diversi così come lo sono le vite e le storie con cui entro in contatto.
Partire da quello che hanno da dire è fondamentale
Il secondo modo passa attraverso il buon esempio che credo valga più di molte parole e discorsi.
Spesso mi soffermo a pensare a quante volte ci aspettiamo che bambini e ragazzi si comportino in un determinato modo quando in realtà non lo facciamo noi per primi. A quando gli diciamo che non si grida e poi siamo noi a gridare. O che la violenza non si usa e poi ci lasciamo andare a metodi, anche verbalmente, violenti. Come possiamo insegnare ad aiutare il prossimo e a sviluppare il senso di solidarietà se giriamo la testa dall’altra parte di fronte a situazioni scomode?
Ogni giorno nella relazione con loro cerco di mettere in atto quelle azioni che corrispondono ai valori che vorrei loro trasmettere.
È facile? Assolutamente no.
A volte la sensazione che sia tutto inutile è così forte da farmi pensare che sia fatica sprecata. Ma poi ci sono episodi e situazioni che invece mi dicono che è la strada giusta e che ne vale davvero la pena. Qualche giorno fa un ragazzo di una scuola media dove lavoro mi ha detto “Prof., lo sai che ti voglio bene? E sai perché? Perché ci tratti come delle persone che hanno qualcosa da dire”.
A parte che ci ho messo qualche minuto a riprendermi da un tale livello di profondità per un 13enne (per tutti quelli che hanno la tendenza a bollare “i ragazzi di oggi” come vuoti e privi di valori), mi sono resa conto che sono queste le cose che non mi fanno mollare quando il gioco si fa troppo duro, perché vi assicuro che duro lo è.
Educare partendo dai diritti dei ragazzi e rispettandoli
In poche parole l’approccio che uso con i “miei” bambini e ragazzi è un approccio che parte dai loro diritti. Una parola che è un pò il filo conduttore di tutto il mio modo di guardare all’educazione. Educare in ottica di diritti significa proprio partire dal presupposto che ognuno di loro è un soggetto autonomo con una propria identità che va capita e sostenuta nella sua unicità.
Questo è il mio mondo, fatto di bambini, ragazzi, ma anche di mamme, papà, nonni e di famiglie. Famiglie con le quali mi confronto ogni giorno sia nella vita reale che in quella “virtuale” insieme alle mie MammeAcrobate che mi hanno accolto tra loro da ormai qualche anno per provare a condividere, insieme a tutti coloro che si occupano di bambini e adolescenti, pensieri, opinioni e riflessioni che ci aiutino nel difficilissimo ma bellissimo compito che è l’accompagnarli nella crescita.
Questa sono io.
Sono una brava Maestra?
Non lo so, ma ogni giorno ci provo, sbagliando, sbattendoci la testa, ma senza arrendermi.
(A cura di Rossella Legnaro)